di Dario Famà
“Conosco un uomo che ha smesso di fumare, di bere, di fare sesso e di mangiare pesante. È rimasto in salute fino a che non si è suicidato”. Basta una semplice citazione di Johnny Carson, famosissimo conduttore televisivo americano deceduto quasi dieci anni fa, a farci capire quanto sia considerato tabù sociale un argomento simile.
In questa rubrica sul carcere ho sempre cercato di far trasparire il clima desolante e oppressivo delle istituzioni penitenziarie, cercando di soffermarmi su quanto sia importante attuare dei cambiamenti radicali. Quando si parla di suicidi, le cose diventano ancora più complicate. Basti pensare all’inquietante differenza esistente tra il tasso di autoeliminazione nelle celle e quello tra persone libere: se nel 2019 tra quest’ultime non si registra nemmeno un caso ogni 10.000 abitanti (appena 0,67 casi), nelle prigioni italiane gli episodi sono ben 8,7. Si tratta di più di 13 volte rispetto al normale.

Questa condizione maggiormente preoccupante per le carceri del nostro Paese si può spiegare in diversi modi: in primo luogo in queste strutture troviamo spesso persone fragili, emarginate, soggette a dipendenze e che hanno già pensato spesso (se non addirittura tentato) al suicidio. Secondariamente, l’esiguo numero di visite e telefonate concesse ai detenuti contribuisce ad aggravare ulteriormente questo aspetto nella vita carceraria.
I dati sono ancora più gravi se andiamo a vedere i dati più recenti: nel 2021 sono ben 10,6 i casi di suicidio ogni 10.000. Come abbiamo visto, dunque, si tratta di una tendenza in crescita (eccezion fatta per il 2022) tra le celle del Bel Paese. Nel concreto sono ben 57 le persone che hanno deciso di togliersi la vita in prigione: si tratta soprattutto di esseri umani compresi tra i 46 e i 50 anni, età per cui il reinserimento sociale e nel mondo del lavoro appare ancora più complicato.
Contando le 148 morti totali avvenute nelle carceri italiane nel 2021, il 38,5% di queste si annovera nei suicidi. Parliamo di un numero incredibilmente alto, che si stima potrebbe crescere nei prossimi anni. Se facciamo un confronto con gli stati membri del Consiglio d’Europa, l’Italia si trova al decimo posto nella tragica classifica riguardante il tasso di suicidi.
Non meno importanti e indicativi per inquadrare il clima negli istituti detentivi sono gli episodi di autolesionismo, anch’essi in costante crescita: nel 2020 sono stati ben 11.315 i casi registrati. Nell’anno successivo, il tasso di autolesionismo raggiunge quasi il 20%, anche se va precisato come tali eventi possano esser ricondotti più volte alla stessa persona.
Non solo, dunque, è importante aver consapevolezza dei crimini che vengono commessi nel nostro Paese, ma bisogna porre l’accento anche su come i detenuti conducano le proprie vite negli istituti penitenziari e sul come fare per arginare la preoccupante crescita di morti all’interno delle carceri.