di Dario Famà
Scrivere oggi di 41 bis può essere una sfida tanto stimolante quanto rischiosa. Dopo le ultime vicende accorse nel nostro Paese tra cui la cattura del boss Messina Denaro e il regime di carcere duro predisposto per l’anarco-insurrezionalista Alfredo Cospito, è sempre più difficile non essere bersagliati dall’opinione pubblica.
In questo breve articolo, però, si cercherà di trattare in maniera oggettiva ed analitica la situazione carceraria italiana riguardante il 41 bis e il regime di alta sicurezza. Nel 2020 sono stati 118 i decreti applicati in tale materia, mentre 20 sono stati rinnovati, annoverando un calo rispetto all’anno precedente (furono 161). A compensare questa distanza ci sono le maggior proroghe effettuate nell’anno della pandemia. Nel 2021 sono 749 le persone assegnate al 41 bis (uno in meno rispetto allo scorso anno) smistati in 12 carceri.

Ad oggi il regime di 41 bis, ideato nel 1992 durante la stagione dei grandi eccidi mafiosi, è tutt’oggi uno strumento fondamentale per contrastare la criminalità e per favorire il fenomeno dei collaboratori di giustizia. Nel 2009, inoltre, il legilsatore è intervenuto per evitare l’incostituzionalità con l’articolo 27 della Costituzione (principio rieducativo della pena).
Ma in cosa consiste il carcere duro?
Tale condizione è rivolta ai maggiori vertici della criminalità organizzata affinché vengano limitati i contatti con il mondo esterno. Vista la natura preventiva del provvedimento (applicata sia ai condannati che alle persone in attesa di giudizio), la misura rappresenta un’ulteriore privazione delle libertà fondamentali. Tale proposito è giustificato con l’intento di portare il condannato a confessare e, quindi, indirettamente a redimersi. A tal proposito, la collocazione dei condannati a tale regime nei vari istituti penitenziari è dovuta principalmente al territorio in cui opera l’associazione criminale di riferimento, alle esigenze sanitarie e ai divieti d’incontro e incompatibilità segnalati dagli organi giuridici predisposti. Il condannato al 41 bis devono risiedere in celle singole e hanno diritto a due ore di socialità in gruppi composti di massimo 4 persone. Il carcerato ha, inoltre, diritto ad effettuare un colloquio di un’ora al mese dietro un separè di vetro e videosorvegliato da un agente di polizia penitenziaria.
L’assegnazione del regime di carcere duro è decisa da un decreto motivato dal Ministero della Giustizia (con consultazione del Ministero dell’Interno) su proposta della Direzione nazionale Antimafia e della polizia. I presupposti affinché una persona venga rinchiusa al regime di carcere duro sono di due tipi: il primo è oggettivo e riguarda la commissione di delitti mafiosi, mentre il secondo è soggettivo tramite la dimostrazione di elementi in grado di provare collegamenti con un’associazione criminale, terroristica ed eversiva.

Il 41 bis dura 4 anni ed è prorogabile se entrambi i presupposti non cessano di esistere. Nei vari istituti di carcere duro c’è un’ulteriore distinzione basata sul livello di pericolosità (i boss mafiosi vengono assegnati alle aree riservate presenti in 7 carceri).