“Nella mia ora di libertà”: i cittadini stranieri nel carcere italiano

di Dario Famà

“Quando si avvicina uno straniero e noi lo confondiamo con un nostro fratello, ponendo fine a ogni conflitto. Ecco, questo è il momento in cui finisce la notte e comincia il giorno.” Nella semplicità di questa citazione, lo scrittore brasiliano Paolo Coelho canta un inno all’integrazione, alla solidarietà e al rispetto reciproco. 

Nell’ottica di una nazione da sempre crocevia tra popolazioni africane, mediorientali e mediterranee, resta incredibilmente forte la miopia e l’arretratezza nella visione mediatica dell’Italia. Se spesso viene specificata la nazionalità del colpevole quando si tratta di uno straniero, nel caso contrario tale dettaglio viene spesso omesso. Si tratta di una precisazione voluta a cavalcare la rabbia dei cittadini affinché si sfoghino su una delle categorie sociali più fragili: gli stranieri. 

Nell’analizzare il fenomeno degli extracomunitari presenti nelle carceri è necessario fare una piccola premessa: nel 2021 gli stranieri residenti in Italia si contano a poco più di 5 milioni di unità. Si tratta di un calo di quasi il 3% rispetto all’anno scorso ovvero una tendenza negativa, che è in contrasto con i richiami all’invasione propri dell’opinione pubblica. 

Scendendo al pratico, il tasso di detenzione dei cittadini stranieri si è più che dimezzato dal 2008 al 2021: si passa dallo 0,7% allo 0,33% in poco più di dieci anni. Nello scorso anno, poco meno di 1/3 dei reclusi risulta essere straniera (17.104 individui su 54.609), ma non è sempre stato così. Il punto più alto si è registrato nel 2011, quando poco più del 36% dei cittadini stranieri si trovava in prigione. 

In questo contesto, la distribuzione della popolazione carceraria straniera (e residente) non è omogenea nelle regioni italiane. A contare i numeri più alti di detenuti forestieri sono Il Trentino Alto-Adige e la Valle d’Aosta con quasi il 59% sul totale, mentre a registrarne meno sono Basilicata (10,7%) e Campania (13,4%).  

Per quanto riguarda la posizione giuridica dei carcerati stranieri, ben il 17% di questi sono incarcerati in attesa di giudizio (1,4% in più rispetto al totale dei detenuti versanti nella stessa condizione), mentre la stragrande maggioranza sono reclusi con sentenza definitiva.  

Una sezione a parte va dedicata alle pene da scontare da parte dei detenuti stranieri: poco meno di un quarto degli stranieri incarcerati deve scontare una pena minore o uguale a un anno, il 42,2% tra 0 e 5 anni. Solo il 2,6% dei carcerati forestieri sta espiando una pena maggiore di 20 anni e solo l’1% è stato condannato all’ergastolo.  

Rispetto al 5,7% dei condannati totali per associazione di stampo mafioso (41 bis), solo lo 0,7% dei reati di cui sono accusati gli extracomunitari sono stati destinati al regime di carcere duro. A caratterizzare il maggior numero di reati dei detenuti stranieri sono quelli contro il patrimonio (poco più del 25%), contro la persona (22%) e in materia di stupefacenti (18%).  

Un dato molto interessante riguarda la recidiva dei carcerati stranieri. Per poco più della metà si trattava della prima volta in prigione (a dispetto di quasi il 69% dei detenuti italiani con precedenti in carcere). A confronto con il 4,2% dei prigionieri italiani con più di 10 esperienze in istituzioni detentive, solo lo 0,5% dei cittadini stranieri condivide la stessa condizione. 

Ad un anno di distanza, solo poco più del 4% degli stranieri detenuti è donna. Si tratta di un dato quasi pareggiato dalle quote rosa italiane (4,3%). Un’ultima constatazione va fatta sulle fasce d’età più rappresentative dei carcerati. Rispetto a quelli italiani, i detenuti stranieri sono in media più giovani: i primi si attestano perlopiù tra i 50 e 59 anni, mentre gli ultimi si trovano maggiormente compresi tra i 30 e i 34 anni. 

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