Vi racconto il saluto dei detenuti a Paolo, uno di “loro”, che dopo due anni e otto mesi ha rivisto la luce del sole
di Simone Gioia
Prima di iniziare a raccontarvi questa storia, è bene riavvolgere il nastro e partire dall’inizio. Da ormai cinque mesi, ho iniziato a svolgere – una volta a settimana – sedute di allenamento di calcio con i detenuti della “Casa Circondariale Francesco Di Cataldo”, conosciuta meglio come il carcere di San Vittore a Milano. Una possibilità importante per me, da sempre affascinato da ciò che accade in un contesto poco conosciuto ai più, qual è il carcere. Fatta questa premessa, passiamo all’accaduto, a quanto vi sto per raccontare.
Sabato scorso, durante uno dei tanti e soliti allenamenti che svolgo all’interno della struttura penitenziaria, mi rendo conto subito dell’assenza di uno dei detenuti sempre presenti, ovvero Paolo. La sua assenza non passa inosservata ma, non conoscendone il motivo, decido comunque di non dargli troppo peso (questo perché spesso capita che al sabato i detenuti si ritrovino impegnati nei colloqui con i familiari). Dopo quasi mezz’ora dall’inizio dell’allenamento, però, accade qualcosa che mi ha lasciato letteralmente i brividi addosso. Paolo è assente per un motivo ben preciso, perché ha ricevuto la notizia che attendeva da tempo: è libero, può finalmente uscire. In quel momento, in quel precisissimo istante, tutto ciò che accade intorno a me passa in secondo piano. I miei occhi sono fissati nell’osservare una delle scene più clamorose che mi sia mai ritrovato ad assistere. Sento il rumore inconfondibile del giro di chiave da parte dell’agente, entra Paolo in campo – indossa jeans e un maglioncino, non la solita divisa sportiva – e scatta un applauso: in campo, dalle finestre, nei corridoi. Applaudono tutti, partono anche i cori in suo onore: “Paolino, Paolino, Paolino”. Paolo è quasi un uomo di mezza età e, dopo due anni e otto mesi, torna a rivedere la luce del sole. Tanto affetto è giustificato proprio dalla sua età e perché dentro il Carcere di San Vittore nel corso del tempo è diventato un punto di riferimento, voluto bene e rispettato. Abbracci interminabili da parte di tutti, con Paolo che si ritrova spaesato, in una situazione in cui probabilmente non è abituato a fronteggiare, non sapendo da che parte voltarsi prima, inondato da così tanta umanità dai suoi “compagni di cella” da farlo sentire quasi in imbarazzo. Travolto dall’affetto della sua famiglia, sì perché dopo anni che condividi ogni minuto della tua vita con le stesse persone, quelle stesse persone diventano la tua famiglia, lascia – quasi come se fosse una superstar dopo l’omaggio ricevuto – il campo e si dirige verso l’uscita: lì dove sa che c’è una nuova e seconda vita che lo aspetta.
Da quel momento, e per i successivi dieci minuti, non ho pensato altro se non a quella scena. Nonostante dirigessi la partita, i miei fischi partivano quasi da soli, come se fossi un automa. Ho avuto un sussulto e una scossa di brividi, perché la mia testa e i miei occhi erano fermi a quella dannata scena, piena di umanità e di speranza. Spesso, verso le carceri e i detenuti, si ha un atteggiamento pregiudiziale, bollando come “carcerato a vita” – e quindi non un essere umano al nostro pari – una persona solo perché ha varcato, meritatamente o meno, i cancelli di un carcere. Ci si dimentica che ogni persona che finisce dentro, porta con sé una storia, gioie, dolori, sofferenza, rabbia e anche – soprattutto – tanti errori. Ma la storia di ieri mi ha restituito tanta umanità e mi ha fatto aprire gli occhi. E anche se certe cose devi viverle per poterle capire e raccontare, quel gesto – durato non più di qualche minuto – mi ha fatto capire quanto noi umani siamo persone fragili. Basta un secondo per compromettere la nostra vita. Ma anche un secondo per tornare ad essere umani. Al di là tutto e al netto di tutti gli errori che possiamo commettere, chiunque di noi merita una seconda chance. E la merita anche Paolo, che da oggi è tornato a “vivere” e a svegliarsi con una nuova luce: quella della libertà.
…mi sono tenuto dentro e..ci penso alla sera quando mi sdraio…dove sarà adesso… come starà affrontando il vivere..il mondo..gli altri e… Non ci resta che…”DAI PAOLO…6 rinato…”
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❤️❤️❤️
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