di Enrico Principe
“Se fossi disperato? Non partirei, perché sono stato educato alla responsabilità: a non chiedermi cosa devo aspettarmi dal Paese in cui vivo, ma a cosa posso dare io!”. Così il ministro Matteo Piantedosi, al termine dell’incontro con i rappresentanti di istituzioni e forze dell’ordine della provincia di Crotone svoltosi in Prefettura in seguito al naufragio di una motonave che ha causato la morte di 64 persone, di cui moltissimi bambini, riaccende la polemica politica attorno alla questione migratoria. I naufraghi provenivano prevalentemente da Siria, Afghanistan, Iraq e Iran.
Con dei toni che provocano scalpore, totale assenza di empatia e totale disprezzo della persona umana, il ministro ricalcala posizione della destra sulla questione migratoria rendendola ancora di più disumana e propagandista. Infatti il Governo continua in maniera incessante a colpevolizzare le vittime e a invocare uno “stop” delle partenze. Sì, ma spegnendo la luce, il problema non svanisce.
Ieri, parlando del naufragio, Piantedosi ha affermato inoltre come “la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli” (quando il mare diventa più sicuro della terra, evidentemente sì!),confermando una lettura malata, falsa ma soprattutto irrispettosa della questione. E lo fa in maniera superba, in un burocratese che enfatizza la totale assenza di immedesimazione nella strage e nella tragedia che ha colpito queste PERSONE costrette ad attraversare il Mediterraneo su una zattera privi di cibo e acqua.
Oltre al cinismo becero e distaccato dalla realtà, esiste il rispetto. Bisogna smettere di puntare il dito contro i migranti, smettere di strumentalizzare la vita degli altri e di recuperare un minimo di decenza. Cosa ne sa il ministro Piantedosi della disperazione e dell’orrore che prova chi sfugge da guerre, carestie, catastrofi naturali, povertà e forme di persecuzione? Cosa ne sappiamo noi su cosa si prova a restare per giorni nella stiva di una nave in più di 150 respirando a turni? Davvero chi si imbarca non metta in conto che possa morire? Evidentemente, il ministro non lo sa e li appella come irresponsabili!
L’ennesima strage, che poteva essere evitata, è conseguenza di scelte politiche sbagliate, basate sulla chiusura dei porti, sugli slogan populisti e sulla perseguibilità di chi soccorre e non di chi sfrutta. C’è bisogno di maggiori politiche di coesione e di sviluppo per porre fine a guerre e garantire una libera e sicura circolazione delle persone. E allora meno letture tossiche, meno sillogismi, più azioni concrete e più empatia. RESTIAMO UMANI.