di Simone Gioia
Alla fine è andata come tutti si aspettavano, il risultato ha confermato i sondaggi (riservati) delle ultime settimane: non c’era nessuna possibilità per centrosinistra e Terzo Polo di uscire trionfanti dalle elezioni regionali in Lombardia. Ha vinto il centrodestra, ha vinto ancora una volta Attilio Fontana, con oltre il 50% del consenso raccolto. Ha vinto il centrodestra, soprattutto, nonostante Fontana. Sì, perché negli anni duri della pandemia, tra il 2020 e il 2022, il governatore leghista sembrava spacciato: un uomo morto politicamente. Eppure, il centrosinistra è riuscito nell’impresa di non riuscire a costruire nulla in due anni. E la candidatura a due mesi dalle elezioni di Pierfrancesco Majorino ne è stata semplicemente la conferma. Eurodeputato stimato, scrittore, Majorino sin da subito è apparso come un candidato divisivo e marcatamente di sinistra. Non ha fatto miracoli ma neanche disastri, perché il PD lombardo si attesta comunque intorno al 21%, migliorando quanto raccolto alle elezioni politiche di settembre.
Non è mancato lui e non sono mancati neanche i 5 Stelle, che storicamente sono “invisibili” nella regione locomotiva d’Italia. Semmai è mancata la candidata del Terzo Polo. È uscita con le ossa rotta Letizia Moratti, la grande scommessa del duo Renzi-Calenda. “Ci aspettiamo tra il 15 e il 18% nella peggiore delle ipotesi” sussurravano dall’entourage di Azione-Italia Viva. Invece è finita malissimo, con l’ex assessore al Welfare addirittura sotto il 10%. Un disastro annunciato che non deve sorprendere, perché la destra oggi ha il vento in poppa in Italia e un po’ in tutta Europa (basti vedere cosa è accaduto a Berlino all’SPD, con il peggior risultato di sempre dal dopoguerra ad oggi). E in Lombardia, storicamente, il centrodestra è forte.
Non c’è stato il cappotto di Fratelli d’Italia nei confronti degli alleati, anzi: la Lega di Salvini in netta ripresa è sicuramente uno dei vincitori di questa tornata elettorale. Una boccata di ossigeno per il leader leghista, che da quando è tornato al governo sembra esser ritornato in forma.
Semmai, ancora una volta questa tornata elettorale ha dimostrato che con un sistema elettorale maggioritario a turno secco andare da soli è una scelta suicida. E il candidato fa tutta la differenza di questo mondo. Inutile tirare in ballo il caso Gori, uscito malconcio anche lui nel 2018. Il candidato va scelto bene e in tempo, non di certo in fretta e magari anche di livello non proprio altissimo. Forse soltanto Beppe Sala avrebbe potuto contendere la presidenza di Regione Lombardia ad Attilio Fontana. Ma questa è un’altra storia, perché si sa: il tempismo politico e il Partito Democratico stanno agli antipodi.