Lo squilibrio delle scelte da parte della FIFA tra denaro, diritti umani e democrazia
di Pasquale Zaccaro
La cavalcata senza fine del capitalismo in chiave mondo globalizzato ci mostra quanto sia difficile perseguire obiettivi che, naturalmente, spesso vanno in contrasto con il business di cui il capitalismo stesso vive. La quantità di danari da incassare è talmente succulenta da soffocare ogni altro motivo per rinunciarvi. E non è un discorso legato strettamente ad un business istantaneo, di un momento. Tante situazioni abbracciano una serie di rapporti e di intrecci che vanno dall’interesse capitalistico alla politica, con tanti attori coinvolti. Tanti ma pochissimi.
La scelta che oggi è sotto i riflettori della polemica è quella dei Mondiali di calcio in Qatar. Un Paese ricco, ed abbiamo già detto che questo basta a spiegare la scelta, ma anche un Paese con un grado di civiltà, per quanto riguarda cultura e diritti umani essenziali, che va sotto lo zero.
La riflessione che si vuole fare, però, è sull’opportunità di fare polemica o tentativi simbolici ed inutili di boicottaggio del Mondiale alla luce del fatto che questo sarebbe dovuto accadere anche in passato e non soltanto per i Mondiali di calcio. Sì, perché ad esempio, quando andiamo in Cina esaltando le medaglie azzurre alle Olimpiadi non ci poniamo nessuna questione. Eppure parliamo di un Paese non democratico e che “prepara” i propri atleti sin da bambini con metodi che da noi sarebbero da codice penale e via discorrendo. Altrettante quando andiamo in Russia sempre per i Mondiali di calcio del 2018. Un Paese, la Russia, che narrazioni Orsiniane a parte, sappiamo come funziona in termini di democrazia (che non c’è) e di diritti.
Per cui, quando sono le grandi organizzazioni internazionali a dover mettere in piedi un evento di questa portata, sarebbe auspicabile che all’interno di queste stesse organizzazioni vi fosse una pressione a maggioranza per dare regole base senza cui non si accede alla candidatura ad ospitare l’evento stesso. E’ chiaro che si tratta di un percorso lentissimo e tortuoso, basti pensare a quanto sia difficile mettere d’accordo i Paesi Europei che, Russia a parte, non sono certo al livello del Qatar per quanto riguarda democrazia e diritti. La questione è poi, anche, di interessi particolari ed orgoglio nazionale che, troppo spesso, vanno ad ostacolare progetti più grandi e forse più nobili, ma è storia.
Per cui, pur prendendo atto delle resistenze a tali processi, bisognerebbe iniziare a lavorare in questo senso. Partendo dagli interessi finanziari che vivono e proliferano all’interno della parte di pianeta più democratica e civilizzata, proprio per dare indirizzo ed esempio. Lungi da chi scrive una qualunque idea anti capitalistica. E’ soltanto questione di civiltà, forse di decenza. Il ruolo sociale del capitalismo è stato ed è fondamentale, ha scritto pezzi di storia, soprattutto nella parte di globo più sviluppata, democratica e liberale.
Dunque, si apra una riflessione profonda ma non infinita e che definisca l’azione politica dell’importantissimo mondo sportivo e non soltanto del mondo sportivo affinché si possa invitare anche Paesi come Qatar, Russia, Cina, Nord Korea a fare qualche passo verso i diritti umani, verso la libertà e la democrazia. Il ruolo della FIFA ha un peso specifico tale che probabilmente, rispetto alla risonanza mediatica che crea, neanche l’ONU. Per cui sarebbe dovere di queste istituzioni lavorare anche per questi obiettivi, senza voltare la testa dall’altra parte o pensando che non sia una loro prerogativa tutto ciò. Lo sport ed il calcio in particolare smuovono le coscienze tanto quanto facevano o fanno ancora in alcune zone del pianeta, le religioni. Per cui, impegnarsi in questo senso è doveroso nei confronti della società globale. Ci vogliono tempo e pazienza, certo, ma anche fermezza, poche parole e molti fatti.
Buon Mondiale a Tutt*…