di Francesco Catera
“Uno non vale uno, non c’è spazio per l’odio, basta con il populismo”. 21 Giugno 2022, Luigi Di Maio. Il riposizionamento politico di uno zombie che si è scontrato col mostro che aveva contribuito a creare. Che coraggio. Certo, è concesso cambiare idea, ma offendere l’intelligenza degli italiani no. Dell’ennesimo triste ed inqualificabile teatrino organizzato ieri sera dal ministro Di Maio per annunciare il suo addio al Movimento 5 Stelle con una conferenza stampa che sa di abiura totale, quel che più mi ha lasciato esterrefatto è stata, perdonerete il francese, la sua faccia di bronzo: lui che ha sempre gridato, con le sue fidate stelle ormai cadenti nel firmamento del becero populismo, allo scandalo degli ‘inciuci di palazzo’ ma ha governato praticamente con tutti i partiti dell’arco parlamentare, addirittura capace di schierarsi a favore di un governo che un tempo avrebbe definito di rappresentanza delle banche e dei poteri forti; l’uno vale uno? Ha fatto il suo tempo; il Parlamento da aprire come una scatoletta di tonno? Cose passate; i festeggiamenti deplorevoli dopo l’approvazione del reddito di cittadinanza a suon di ‘È stata abolita la povertà’? Un ricordo imbarazzante.
Lui che si è scontrato nei fatti con i punti fermi di quel partito che inseriva in statuto il limite del doppio mandato e ventilava fino ad un paio d’anni fa una revisione Costituzionale che prevedesse il vincolo di mandato ed inserisse un articolo analogo al 160 della Carta Portoghese al fine di far decadere dalla carica di parlamentare chi avesse ‘tradito il mandato elettorale’ e si fosse iscritto ad un partito diverso da quello col quale era stato eletto, si accinge a dar vita ad un nuovo gruppo politico alla vigilia delle elezioni del 2023, un anticasta che si è innamorato della poltrona; si è riscoperto improvvisamente a favore delle grandi opere, lui che con le battaglie-frottole No Tav ci ha costruito una fortuna politica; improvvisamente convinto euro-atlantico, lui che in tempi non sospetti aveva aperto alla nuova via della seta con la Cina. Con un discorso surreale per chi non ha la memoria corta, semplicemente dice il contrario di quello che ha sempre strillato aizzando le folle degli scontenti quando prendeva voti in quantità industriale con le bugie e si atteggia a responsabile uomo delle istituzioni.
È la capitolazione definitiva del Movimento 5 Stelle, sempre stata una questione di quando, mai di se. “Dovevamo scegliere da che parte della storia stare”, dice Di Maio. Lo avete fatto. Avete scritto per anni una pagina orribile della storia repubblicana che ha portato odio e incompetenza ai suoi livelli più estremi. Noi, dal canto nostro, siamo la gente che continua a pretendere le vostre SCUSE, quelle dell’ormai sgretolato 33% del Parlamento, terribile e vergognosa esperienza politica, la peggiore della storia della repubblica, che con un giustizialismo aberrante e l’odio sociale ha avvelenato il dibattito pubblico ed elevato l’incapacità a merito arrecando un danno permanente incalcolabile al paese. E agli elettori pentastellati, verosimilmente ormai ‘ex’, sappiatelo: vi hanno presi in giro e ci avete creduto.